Gesù cammina
pensando e pregando certo, per quanto io non oda parola. Ma non perde di
vista le cose che gli sono intorno. Una volta si ferma ad ascoltare sorridendo
il gran canto di un Usignolo
innamorato, che fa tutta una melodia di arpeggi e trilli e note da a-solo,
ben tenute, così forti e lunghe che pare impossibile escano da quel
piccolo essere tutto piuma. Per non turbarlo neppure col fruscio dei sandali
sui piccoli ciottoli del sentiero e della veste sull'erba, Gesù
si è fermato a braccia conserte e volto alzato e sorridente. Socchiude
persino gli occhi per concentrarsi meglio nell'udire, e quando l'usignolo
termina con un acuto che sale, che sale, sale per scala di terza (se dico
bene, ricordando, non so) e finisce con una nota acutissima, tenuta finché
il fiato regge, Egli approva e applaude mutamente curvando due o tre volte
il capo con un sorriso contento.
Ora invece si
curva su un ciuffo di madreselva in fiore che odora acutamente dai suoi
mille e mille calici bianchi, simili a bocche sbadiglianti di serpe, nelle
quali tremola la lingua dei pistilli giallognoli e brilla la ditata d'oro
sul petalo inferiore. I fiori, sotto la luna, paiono ancor più bianchi,
argentei quasi. Gesù li ammira e odora e li carezza con la mano.
Torna sui suoi
passi. Il luogo deve essere lievemente elevato perché il chiaro
di luna mostra a sud qualcosa che luccica come vetro bagnato di luna, uno
spicchio di lago, certo, perché fiume non è e non è
mare, dato che si vede che delle colline lo bordano al lato opposto a quello
dove è Gesù.
Gesù
guarda quel placido brillio d'acque quiete nella calma della notte estiva.
Poi fa un mezzo giro su Se stesso, da sud a ovest, e guarda un biancheggiare
di paese, lontano al massimo un due chilometri, più meno che più.
Un bel paesone. Si ferma a guardarlo, e scuote il capo seguendo un pensiero
che lo affligge molto.
Poi riprende
la sua passeggiata lenta, ed il suo orare. Finché si siede su un
grosso sasso, ai piedi di un albero molto alto, e prende la sua posizione
solita, coi gomiti sulle ginocchia e gli avambracci in fuori, con le mani
unite in preghiera.
Sta così
qualche tempo e vi starebbe di più se un uomo, una ombra, non avanzasse
dal folto verso di Lui e lo chiamasse:
«Maestro? »
Gesù
si volge, poiché chi avanza viene da dietro a Gesù, e dice:
«Giuda? Che vuoi?»
«Dove
sei, Maestro? »
«Ai piedi
del noce. Vieni avanti.» E Gesù si alza e si fa sul sentiero,
nel chiaro di luna, perché Giuda lo possa vedere.
«Sei venuto,
Giuda, a fare un poco di compagnia al tuo Maestro?» Ora sono vicini
e Gesù pone con affetto un braccio sulla spalla del discepolo. «
Oppure vi è bisogno di Me in Corazin? »
« No,
Maestro. Nessun bisogno. Ho avuto desiderio di venire da Te.»
« Vieni
allora. C'è posto per tutti e due su questo sasso.»
Si siedono ben
vicini. Silenzio. Giuda non parla. Guarda Gesù. Lotta.
Gesù
lo vuole aiutare. Lo guarda dolcemente, ma acutamente. «Che bella
notte, Giuda! Guarda come tutto è puro! Io credo che più
pura non fu la prima notte che rise sulla Terra e sul sonno di Adamo nel
terrestre
Paradiso .
Senti come odorano quei fiori. Fiutali. Ma non ne cogliere. Sono tanto
belli e puri! Me ne sono astenuto Io pure perché coglierli è
profanarli. E' sempre male usare violenza. Alla pianta come all'animale.
All'animale come all'uomo. Perché levare la vita? Così
bella la vita quando è spesa bene!... E quei fiori la spendono bene
perchè odorano, rallegrano coi loro aspetti e profumi, dànno
miele alle api e alle farfalle
e cedono a queste l'oro dei loro pistilli per mettere delle piccole gocce
di topazio sulla perla delle ali, e fanno da letto ai nidi... Se eri qui
poco fa sentivi un usignolo cantare così dolcemente la sua gioia
di vivere e di lodare il Signore. Cari uccellini! Come sono d'esempio
agli uomini! Di poco si appagano e solo di ciò che è lecito
e santo. Un granello e un vermolino perché il Padre Creatore
lo dà loro; e se non c’è non sentono ira o sdegno, ma ingannano
la fame della carne coll'empito del cuore che li fa cantare le lodi del
Signore e le gioie della speranza. Sono felici di esser stanchi per aver
volato dall'alba a sera per farsi un nido, tepido, morbido, sicuro, non
per egoismo, ma per amor di prole. E cantano per la gioia di amarsi con
onestà. L'usignolo per l'usignola e ambi per i figli. Gli animali
sono sempre felici perché non hanno rimorsi e rimproveri nel loro
cuore. Noi li facciamo infelici perché l'uomo è cattivo,
irrispettoso. prepotente, crudele. E non gli basta esserlo coi suoi simili.
Trabocca la sua cattiveria sugli inferiori. E più ha dentro dei
rimorsi. più la sua coscienza lo punge e più incrudelisce
sugli altri. Sono certo, per esempio, che quel cavaliere che oggi spronava
a sangue il suo cavallo così sudato e stanco, e lo frustava sino
a fargli alzare il pelo a righe sul collo e sui fianchi, e fin su quelle
così morbide froge e sulle scure palpebre che si chiudevano dolenti
sugli occhi così rassegnati e dolci, non aveva l’anima tranquilla.
O andava a un delitto verso l’Onestà o ne veniva. » Gesù
tace e pensa.
Maria Valtorta, Il poema dell'Uomo-Dio, vol. 7° cap. 161: pag. 1265-1268.